“Uno spazio di silenzio nella festa della Gmg”. Così don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, presenta lo stand della Cei allestito nella Città della Gioia.
Nel quartiere di Belem, a pochi passi dalla grande area dedicata alle confessioni, è stato allestito un luogo in cui i giovani possono fermarsi un momento, scrivere su un mattoncino il loro nome e quello dei cari che vogliono affidare alla preghiera delle comunità monastiche d’Italia. A loro, infatti, saranno affidati. E poi riflettere sulla testimonianza di vita dei “santi della porta accanto”.
Le immagini dei loro volti – più o meno noti – sono affisse alle pareti dello stand. Accanto, un qr code. Scansionandolo col proprio smartphone, si può leggere la biografia della persona scelta. “L’organizzazione ha chiesto che gli stand fossero degli spazi di incontro e di dialogo. Noi abbiamo pensato che il dialogo migliore sia quello con il Signore. E questa è anche l’occasione per scambiare due chiacchiere con i visitatori che passano.
La città della Gioia presenta la G maiuscola perché credo che voglia intendere che la gioia vera viene dal Signore”. Tra le immagini dei santi scelte, quelle di personalità note, come don Pino Puglisi, ma anche altre meno note. “Il Qr code rimanda al sito della rivista Vocazioni che racconta le loro storie. Se si è incuriositi dal volto e dalla persona, si può andare a scoprire la biografia”.
Scelte che animano il carattere vocazionale dello stand. “Abbiamo scelto lo strumento dei mattoncini per trasmettere ai ragazzi un messaggio: la storia si costruisce facendo ciascuno il proprio piccolo passo e offrendo il proprio contributo. La vocazione è il tassello di un grande mosaico che è la storia della salvezza. Che ciascuno può anche personalizzare. “La vocazione è unica, i mattoncini sono tutti uguali, bianchi e in legno. Poi, diventano tutti differenti e colorati. Un segno che vuole raccontare l’opera dello Spirito”, conclude don Gianola.
Numerosi i giovani che hanno raccolto l’appello e si sono fermati per un minuto di silenzio. Dopo avere raccolto idee, sentimenti e pensieri, hanno dato loro voce scegliendo i nomi delle persone da affidare alla preghiera delle comunità monastiche. “Si tratta di un’esperienza che coglie uno degli aspetti più belli della Gmg, cioè la possibilità di unire le persone: chi è qui fisicamente e chi non lo è. Con i mattoncini questo diventa possibile”, dice Alessandro. “L’esperienza proposta dallo stand della Cei per me è preziosa – aggiunge Sara -. Nella catechesi abbiamo parlato di tempo e di dono. L’esperienza di fermarsi e di richiedere anche solo un pensiero per tutte le persone che non sono con noi ma che portiamo nel cuore è importante per riflettere sull’invito che il Papa ci fa”.
Filippo Passantino
AgenSir