Basta sbirciare dentro qualunque zaino dei ragazzi qui a Lisbona ed è certo che saltano fuori, insieme a borraccia e smartphone, domande su domande. Ed è tutto sulle domande dei giovani pellegrini che ieri si è snodato il dialogo di 600 di loro dalle diocesi di Milano e Susa con monsignor Mario Delpini, una mattina di riflessioni, preghiera e canti nel parco di-Queijas, sobborgo residenziale di Lisbona dov’è acquartierato un terzo circa dei 6mila ambrosiani sbarcati in Portogallo per la Gmg.
«Perché sei partito? Per la compagnia? Per la noia? Per curiosità? Per impossibilità di stare là? Sei partito per partire, senta troppe domande?».
L’omelia dell’arcivescovo milanese è una grandinata di domande che poi, dalla Messa iniziale, tracimeranno nei confronti dentro i gruppi nei quali i ragazzi si dividono per portare infine a Delpini le loro riflessioni sui motivi di un viaggio che – con la Gmg come meta – per molti è il primo. Delpini incalza, vuole seminare interrogativi: c’è tempo fino a domenica per lasciarli parlare.
«Quali “frette” vi muovono, cari giovani? Che cosa vi fa sentire l’impellenza di muovervi, tanto da non riuscire a stare fermi?»
dice chiosando il Vangelo della Visitazione, che traccia la via della Giornata portoghese. E visto che il tema del primo “rise up” – nome e metodo nuovi per le ex catechesi, e cambia davvero tanto nell’efficacia – è la custodia del Creato l’arcivescovo va dritto a quel che gli sta a cuore: «Di che cosa ti immagini di prenderti cura? Quale servizio ti chiama, cioè quale è la tua vocazione, quale è la vocazione della tua generazione?». Perché «l’impressione che si sia scaricato sulle spalle della generazione giovane un peso insostenibile, come fosse l’incarico di aggiustare il mondo che gli adulti hanno rovinato, genera forse solo paralisi e rabbia, induce a ridurre l’impegno per l’ecologia integrale a slogan da gridare e a manifestazioni di piazza a cui è obbligatorio partecipare».
E no, Delpini ridefinisce i contorni della responsabilità dei giovani in termini evangelici (ci tornerà con forza anche nel dialogo al termine di una mattinata dove la natura si prende la scena alternando pioggia e sole estivo): non si tratta di «reggere il mondo intero sulle vostre spalle» ma di «prendersi cura del proprio metro quadro di mondo, dalle relazioni alla società, all’ambiente. Non dovete risanare da soli la Pianura padana ma il vostro metro quadro».
Un’immagine che ricorre nei gruppi dei ragazzi seduti in circolo a gruppi di una dozzina, a liturgia conclusa (e pioggia cessata). «Che si fa?», chiede uno. «Ma tipo se rispondessimo a Delpy?» azzarda la vicina. E parte una catena di confidenze semplici e dirette donate dai ragazzi tra loro. Temi ricorrenti: qui capiamo che non siamo soli, affrontiamo le incertezze senza paura, la scoperta delle “annunciazioni” che spuntano improvvise nella vita, tante chiamate a un “di più” che può essere accettare l’invito del don a salire sul pullman verso Lisbona. E allora c’è chi dopo aver assaggiato altro (evidentemente insapore) si è detto “proviamo la Gmg”. E quello accanto confessa di aver passato alla Messa di apertura martedì momenti di profonda emozione quando in mezzo a 300mila ragazzi (quanti pare che fossero) ha visto «per la prima volta la mia fede così incerta condivisa da tanti».
Delpini sorride: «Questo ascolto dei ragazzi ci insegna ad adeguare le nostre proposte alle loro domande vere. C’è una circolarità di pensieri che crea un legame e una mentalità comune ». Si riparte da qui.
Francesco Ognibene
Avvenire