Catechesi a due voci, in dialogo con i giovani Arrivano insieme il Cardinale Matteo Zuppi, Presidente Cei e don Luigi Ciotti, il prete che ha consumato la sua tonaca per dire no alle mafie. Insieme nella reale basilica di Mafra, 40 chilometri da Lisbona. E mentre la capitale accoglie Francesco qui si radunano un migliaio di giovani dalle diocesi di Imola e Bologna per lasciare che gli squarci del cuore si trasformino in feritoie attraverso le quali far passare la grazia della riconciliazione. Al centro della mattinata il tema della misericordia nel giorno del perdono di Assisi ma anche nel 43esimo anniversario dalla strage alla stazione di Bologna. Entrambe le ricorrenze ricordate a inizio appuntamento dal Cardinale.
“Il nostro essere cristiani non è fuori dal mondo ma nella vita, nella storia, nelle difficoltà”, dice il Presidente Cei. “Ce lo ricorda una bomba alla stazione messa in maniera vigliacca, senza volto, solo per far male. Quello che sta succedendo in tante parti del mondo con la guerra ci riguarda tutti”, aggiunge. “Così come gli atti mafiosi: perché colpiscono tutti. I giovani ascoltano, quelle parole li riguardano direttamente. Sentono il peso della responsabilità della storia nelle loro mani. A volte pensiamo che essere cristiani sia un punto d’arrivo, una maturità, prosegue il Cardinale. Invece è una ricerca continua ed ecco perché io amo la Chiesa con tutte le sue difficoltà. Il Signore non ci ama perché siamo perfetti ma perché sente la passione che proviamo per lui. E in un mondo in cui ci sono tante inimicizie e tante conflittualità solo la misericordia ci salva”.
Guardate che a Bologna, la dura denuncia del porporato, “non si affitta agli stranieri e tendenzialmente agli africani. In un mondo in cui sarebbe tutti contro tutti (anche non affittando al nero) il Papa ci ricorda invece che siamo fratelli tutti. Dobbiamo ripartire dalle nostre debolezze e piccinerie, pesi che ci rendono scontrosi, per guardare al Padre che con il suo amore combatte le inimicizie. Perciò chiederei a don Luigi – l’invito del cardinale – di riflettere sulle complicità di quei tanti ‘io non ho fatto niente’ che sono il vero problema. Perché se uno vuole combattere il male invisibile delle mafie deve promuovere una rete di amicizie che ci chiama a volerci bene reciprocamente”.
Scambio di abbraccio affettuoso, fra confratelli che si conoscono da oltre 40 anni. Sorrisi, pacche sulle spalle. “Vai Luigi”. E don Ciotti dà il via a un’appassionata riflessione che scuote i cuori.
“Per le guerre, le violenze, le povertà che ci circondano – afferma – abbiamo bisogno anche noi di chiedere perdono. La Laudato sì di Papa Francesco ha bisogno di diventare la Laudato qui. Perché ogni cambiamento ha bisogno di ciascuno di noi. E se c’è una malattia terribile nella società di oggi è la rassegnazione di persone che le cose non le cambieranno mai. Oggi i più pericolosi sono i neutrali, ma peggio ancor i mormoranti che stanno sempre zitti ma poi nelle varie cricche seminano zizzania.
Abbiamo bisogno di un cambiamento vero, di assumerci una responsabilità.
Ad esempio di fronte alla distruzione del pianeta. I disastri ambientali e sociali non sono due cose diverse ma un’unica crisi. E il Papa ci invita a una conversione per costruire una ecologia integrale. Dovremmo chiederci che senso ha sperare nella risurrezione se lasciamo quotidianamente oltraggiare i corpi altrui? Gli ultimi, quelli più scomodi, quelli che vediamo lontani (e dovremmo sentire invece vicini): quello è il posto di Dio. Dio dobbiamo cercarlo lì!
Dio è nelle persone che incrociamo, che riconosciamo. Dio non vive nei cieli, vive qui in mezzo a noi. E lui ama tutti, non esclude nessuno. Ma anche Dio ha una preferenza e la preferenza di Dio sono gli ultimi, gli invisibili.
Tocca allora a noi impegnarci per una società che abbia meno io al centro e più noi”. Un ultimo augurio: “diffidate di chi parla di voi ma non parla con voi. Distinguete fra i seduttori e gli educatori perché siamo circondati di seduttori e lo vediamo da tante forme di pubblicità scintillanti che hanno l’unico obiettivo di catturarti. Gli educatori, invece, vogliono rendere le persone libere. Perciò non mettete in vendita le vostre libertà, non fatevi tentare dalle lusinghe della società delle merci.
Chiediamo a Dio che ci dia una bella pedata, la dolce pedata di Dio. Per scuoterci sempre. Per non essere troppo io ed essere di più noi.
Nel codice dei mafiosi c’è un imperativo: rigenerarsi sempre. Ecco perché dobbiamo estirpare il male alla radice con percorsi educativi e politiche sociali al servizio del bene delle persone. Non possiamo stare zitti, non possiamo diventare complici. I nostri peccati di omissione ci hanno portato fin qui, nelle situazioni conflittuali che viviamo in questo tempo. Chiediamola allora a Dio questa dolce pedata!”.
Nicola Ferrante
Tv2000