In cella con il cuore alla GMG

Sabato la giornata era piovosa, nelle Marche come in Emilia Romagna, ed eravamo sommersi dall’acqua. È in questo clima grigio che insieme a 25 giovani delle diocesi di Fano e Pesaro siamo entrati nella Casa di reclusione di Fossombrone, portando con noi due “raggi di luce”: i simboli che accompagnano ogni Gmg, fin da quella di Buenos Aires del 1987. Il Crocifisso di san Damiano e l’immagine della Madonna di Loreto. Simboli di che cosa? Della giovinezza perché sono la memoria di due giovani, Maria e Francesco, che in momenti diversi della storia, con il desiderio nel cuore di una vita piena da costruire, hanno detto “sì“, “ci sto” al sogno di Dio per l’umanità. Le difficoltà non distolgono i giovani dal mettersi in viaggio insieme a chi soffre per mille motivi e cerca di rialzarsi. Don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale per la Pastorale giovanile, così descrive questo momento in una lettera che ha indirizzato proprio agli amici detenuti: « Non saprei dire chi percorrerà più chilometri, noi che viaggeremo o voi che restate nei vostri spazi limitati, il cambiamento non si misura con il metro ma con la distanza che ci separa dal prossimo: i conti li faremo alla fine, nel silenzio delle nostre coscienze».

È proprio questa necessità di andare verso l’altro che i giovani hanno voluto testimoniare a chi per tanti motivi non poteva venirci incontro. Anna, una ragazza di 25 anni, ricordando la sua prima Gmg a Cracovia, ha parlato di strette di mano scambiate lungo il cammino con miglia di giovani e come quelle mani le sono tornate alla mente ogni volta che aveva una scelta importante da compiere o la necessità di rialzarsi: le ricordavano che non era sola in questo mondo. O come Nicolò che a Madrid, sulla metro, ha incontrato una ragazza che portava un cartello con scritto “abbracci gratis”, donati e ricevuti. Una generazione di giovani che gridano il diritto di essere fragili, di avere bisogno dell’altro, di relazioni, di amicizia. Quando al centro mettiamo l’ospite, non noi stessi, lo Spirito irrompe lasciando a noi lo stupore e la gioia delle soprese di Dio.

Mi hanno molto colpito nei giorni passati le parole che le amiche di Julia Ituma hanno scritto davanti al mistero della sua morte: «Viviamo in un mondo fatto di persone che si convincono a dover essere forti, un mondo dove le debolezze non sono accettate, mai, ed essere fragili è quasi una vergogna. Un mondo che ti spinge a rialzarti ancor prima di cadere, in cui chiunque ti invita a chiedere aiuto, ma poi nessuno ha realmente orecchie per ascoltare».

I controlli prima dell’ingresso in carcere, il depositare cellulari e tutto quello che avevamo all’entrata, le porte che si aprivano davanti a noi e si chiudevano dietro di noi, sono stati il segno della fatica e dell’essenzialità che sempre comunque dobbiamo vivere nell’incontrare l’altro. Bellissima l’immagine che in questo viaggio i giovani seguivano il Crocifisso risorto e Maria era con loro. Questo avviene in tutte le processioni dei nostri paesi: ma qui il richiamo al fatto che in Gesù si è fatta pace, che in Lui si sono abbattuti mu-ri di separazione è stato forte: Maria ci spinge a uscire e andare “in fretta”, come recita il tema della 37ª Giornata della gioventù che si terrà ad agosto in Portogallo. Ci chiede di non restare seduti sul divano o al balcone, come ci ha ricordato Elia, un ragazzo che ha partecipato alla Gmg di Cracovia. Nell’incontro con i detenuti abbiamo visto il sogno di un’umanità che sa prendersi per mano e condividere ciò che ciascuno è e ciò che ciascuno ha, perché tutti portiamo nel cuore un desiderio buono di felicità.

Durante i canti e le preghiere la sorpresa che non ci aspettavamo. I detenuti hanno voluto offrire ai giovani tre doni, tutti fatti a mano, attraverso i vari percorsi di rinascita che si vivono in silenzio tra le mura del carcere. Il primo, una bandiera cucita da loro da portare a Lisbona dove campeggia la scritta «Casa di reclusione. Fossombrone. Gmg 2023»; il secondo, un cofanetto per custodire, come ha fatto Maria, tutto quello che ogni giovane vivrà a Lisbona con una scritta che invita a riconoscere nel tempo che passa la possibilità di essere migliori e di capire ciò che accade; infine, un’icona incompiuta, segno dell’opera d’arte che ogni giovane rappresenta per l’umanità con l’augurio che a tutti sia permesso nella giustizia e nella dignità di completarla.

La testimonianza di due ragazze Ucraine, Anna ed Helena, della diocesi di Drohoby, che svolgono servizio in Caritas, ha aiutato a comprendere come nel cammino della vita si faccia esperienza della Pasqua di resurrezione. Le ragazze hanno raccontato che tra i giovani Ucraini che vivono con sofferenza inaudita il dramma della guerra si fa spazio quella che hanno chiamato “creatività artistica”: molti scrivono poesie, dipingono, curano i giardini e piantano fiori, scrivono canzoni. Nel nostro andare in carcere abbiamo sperimentato quanto mettersi in viaggio ci aiuta ad attualizzare il “Vangelo della visita” dove non ci sono profughi o carcerati, liberi o schiavi ma un popolo in cammino capace di far fiorire il deserto. La Gmg di Lisbona ha già cominciato a portare frutti in chi, “in fretta”, si mette in viaggio verso l’alto e verso l’altro.

Don Francesco Pierpaoli

(@Avvenire 24/05/2023)